Ho la netta impressione che chi stende i regolamenti tecnici dei vari campionati viva fuori dal mondo delle corse. Anche se magari ci dorme, mangia e respira dentro per quattordici (o diciotto, a seconda della serie presa in considerazione) weekend l’anno più i test pre e post-campionato. Non può essere altrimenti, se vengono prese certe misure in buona fede – bisognerebbe pensare che, invece, ci sia dietro la volontà strumentale di torcere il braccio dietro la schiena ai team, ma con il sorriso sulle labbra, per rinfoltire più o meno artificialmente una griglia impoverita dalla crisi economica.
Non mi interessa commentare questo fatto – mancano gli elementi per fare più che ipotesi peregrine – quanto la rapidità con cui, svanita questa opportunità, la sella è stata riempita se non con un Carneade, comunque con un pilota non certo di primo piano. Senza offesa né per il canadese né per le scelte del team.
Il problema ce l’ho con l’eliminazione della seconda moto, nato per far contenere i costi ai team. Mi piacerebbe fare una rapida indagine per capire chi ha risparmiato. I team ufficiali o “parificati” – vedasi Althea – non possono certo permettersi che una banale scivolata in prova o in gara-1 vanifichi i loro investimenti, quindi evidentemente avranno semplicemente smontato la seconda moto quel minimo che gli consente di non infrangere il regolamento e la terranno lì pronta sul bilico. Gli altri avranno pensato bene, visto che le seconde moto ce le avevano già in casa (qui il leasing grazie a Dio non va troppo di moda…) di tenersele, mettendoci in sella altri piloti capaci di portare altri sponsor. In entrambi i casi, è stato necessario ingaggiare altri meccanici che assistano i piloti in più o possano aiutare a creare il muletto dalla moto smontata sopra citata. Speriamo che nella massima categoria di un campionato del mondo nessuno abbia pensato che due moto possano essere distribuite fra due piloti lasciando invariato il numero di tecnici.
Fino a prova contraria, così i costi aumentano, invece di diminuire, perché portare a spasso per il mondo delle persone significa doverle pagare. Anche ammettendo che si trovino disperati appassionati disposti a lavorare per il classico piatto di minestra almeno nel weekend, bisogna pagargli i biglietti aerei e le notti in albergo. Quindi, o si è pensato che i team avrebbero venduto le moto in più portate in pista l’anno precedente (a chi? Facile ipotizzare che le S1000RR del team Grillini vengano dal BMW Motorrad Italia, ma poi?), o si è steso un regolamento riempi-griglia a misura di team privato spacciandolo per misura volta a contenere i costi. Nulla di male, per carità: altrove c’è chi ha fatto pateracchi peggiori, almeno in linea di principio. E’ che tutte le volte mi illudo che ci sia chi chiama le cose con il loro nome, solo per venire puntualmente smentito in tutte le occasioni…